Musicoterapia: esplorazione sonora

Musicoterapia: esplorazione sonora

Se ci pensiamo un attimo ci rendiamo conto di come oggi, tra gli organi di senso, l’occhio sia quello privilegiato, e ciò costringe le persone ad una relazione solo “frontale” con la realtà; l’orecchio, al contrario, che ci permette di sentire “davanti” e “dietro”, ovunque sia la sorgente sonora, potrebbe restituirci un orizzonte più ampio e completo. Lo sa bene, istintivamente, ogni bambino; se osserviamo i nostri piccoli nella loro quotidianità, ciò che ci colpisce è il loro atteggiamento nei confronti del suono: ogni bambino è sempre attratto dagli oggetti che fanno rumore e si diverte ad esplorarne le diverse possibilità e risorse.
Fin verso l’anno di età, il bambino è interessato ad ogni forma di suono, sia presente nell’ambiente (voce della madre e voci familiari, rumori dell’ambiente, oggetti che suonano) sia prodotto da lui (lallazioni e vocalizzazioni con cui dialoga con l’adulto, tentativi di canto, imitazione vocale di suoni, inizio del linguaggio); in seguito, con l’acquisizione di una maggior autonomia di movimento nello spazio, si assiste ad una “esplorazione sonora” che, più casuale fin verso i 2 anni, in seguito, gradualmente, diviene più organizzata secondo le regole che via via il bambino scopre.
Poiché il bambino è un essere “globale”, che agisce cioè mettendo in azione contemporaneamente vari organi e attivando forme di percezione tra loro interconnesse – ad esempio, ciò che percepisce con l’udito viene rinforzato dalla vista, o, ancora, può elaborare un suono-musica tramite altri canali sensoriali (es. movimento-danza) – la sua attività spontanea in questa fase riguarda anche il movimento (che va ad accompagnare la musica), o l’uso della voce (è esperienza di tutti notare come, spesso e volentieri, un piccolo che gioca accompagni il suo gioco con “canti” improvvisati),
Va ricordato che, nel bambino, lo sviluppo completo della percezione uditiva si ha tra i 3 ed i 5 anni (mentre, ad esempio, quello dei muscoli delle dita tra gli 8 e i 9 anni – e ciò fa capire come sia inopportuno far iniziare prima di questa età lo studio di uno strumento -, e la maturazione delle corde vocali addirittura verso i 14 anni); è quindi proprio tra i 3 ed i 5-6 anni che il bambino dovrebbe ricevere opportune stimolazioni musicali, iniziare la sua “educazione al mondo dei suoni”, non, come si diceva, per diventare un musicista (o almeno non ancora), ma per sviluppare in modo attivo quella musicalità di base che tutti abbiamo.

Qual è il ruolo del genitore a questo proposito?
Premesso che non è necessario avere una particolare preparazione o competenza in ambito musicale perché, come detto, la musicalità di base appartiene a tutti, il ruolo della mamma e del papà sono fondamentali, principalmente per una ragione: perché tutto ciò che “arriva” al piccolo da un genitore è “filtrato” dalla relazione privilegiata, e quindi acquista un peso ed un’importanza molto maggiori. In questo modo si rinforza, anzitutto, il legame affettivo; inoltre, gli effetti positivi dell’avvicinamento del bambino alla musica (contatto con le emozioni, stimolo delle potenzialità espressive e comunicative, miglioramento dell’interazione con gli altri e con l’ambiente, miglioramento delle abilità cognitive) divengono molto più saldi e profondi.

Dunque, cosa può fare una mamma (o un papà)?
Anzitutto, prestare attenzione alla qualità dell’ambiente sonoro e musicale in cui il bambino cresce, evitando di lasciarlo immerso in uno spazio inflazionato di suoni casuali, in un bombardamento di input sonoro-verbali da cui può solo difendersi; ma difendersi dal suono significa abituarsi a non ascoltare, quindi diventare incapaci di ascoltare e, parallelamente, incapaci di silenzio (molti genitori ne sanno qualcosa!). Quindi, limitare la presenza dei rumori in casa; in questo modo si creano condizioni di “benessere acustico” (importante non solo per i bambini…) ideali sia per l’ascolto sia per la produzione di suono-musica.
Per quanto riguarda l’ascolto, sarebbe opportuno condividere col bambino l’ascolto di tutti i generi musicali preferiti (se per noi è un’esperienza piacevole, automaticamente lo sarà anche per lui); ancor più coinvolgente sul piano emotivo sarebbe – nel caso possediamo questa competenza – condividere una nostra “esibizione” strumentale.
Ancora, è utile offrire al bambino oggetti in grado di produrre suoni interessanti e vari, prestando attenzione, valorizzando e condividendo le sue scoperte.
Per quanto riguarda l’uso della voce, se le prime vocalizzazioni vengono attentamente riprese dall’adulto alternando imitazione e variazione dei parametri sonori (ritmo, intonazione, velocità) da quelle nascono, via via, le prime forme di canto; in realtà, a pensarci bene, il canto è solo una forma di verbalizzazione con, in più, un’intonazione più ampia e diversificata… non a caso questo, per il bambino, è anche il periodo dell’apprendimento del linguaggio verbale…
E’ importante poi assecondare la tendenza del bambino a “rispondere” all’ascolto della musica attraverso il movimento del corpo; se opportunamente incoraggiato, questo atteggiamento può sfociare in un miglior coordinamento tra gesto e suono.
Un ultimo, importante suggerimento riguarda i momenti che scandiscono la giornata del piccolo: è esperienza di ogni mamma, credo, quella di accompagnare la pappa, o la messa a letto, con parole, filastrocche, ninnananne, che quando il bimbo è un po’ più grande diventano libriccini letti insieme, magari costruendo “storie sonorizzate” con versi di animali, suoni vari, e così via. Le mamme di solito lo fanno istintivamente; bene, divenire consapevoli dell’importanza di questo approccio può renderci più attente e pronte a cogliere ogni segnale, anche minimo, del nostro piccolo, accompagnandolo in un percorso che lo porterà a sviluppare via via esperienze musicali più ricche e gratificanti e a riconoscere alla musica, da adulto, il giusto ruolo di “esperienza attiva” fonte di tanti “apprendimenti” e, al tempo stesso, piacevole e gratificante

 

a cura di Maria Alberta Munarini, delle rete Mamma Trovalavoro

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Maria Alberta Munarini

MariaAlbertaMunariniSi occupa di musicoterapia da circa 20 anni. E’ arrivata a questa professione in modo graduale e un po’ imprevisto, a partire dalla presenza in casa di un pianoforte che, quand’era ancora una bambina. Dopo la maturità classica, ha conseguito la laurea in pedagogia presso l’Università di Parma con una tesi sulla musicoterapia, disciplina da lei “scoperta” proprio in quel periodo; per approfondire questo nuovo interesse, ha frequentato e si è poi diplomata alla Scuola Quadriennale di Musicoterapia di Assisi, ed in seguito ha conseguito l’abilitazione A.I.M. per lo svolgimento della professione. In questi anni ha progettato interventi basati sulla musica, caratterizzati ora più in senso preventivo, ora riabilitativo, ora più strettamente terapeutico; oltre agli interventi propriamente musicoterapici, ha condotto anche laboratori di musica rivolti prevalentemente a bambini in età prescolare. Ha accolto con piacere l’opportunità di collaborare con l’associazione Mamma Trovalavoro, in particolare attraverso proposte riguardanti la prima infanzia, con cui si rapporta sempre con grande piacere e soddisfazione; l’aver fatto esperienza attiva della musica fin da bambina è stato per lei così importante che vorrebbe che altri bambini di oggi potessero avere la stessa opportunità. Nei laboratori che realizza con i bambini la musica non è tanto, o non solo, un fine, ma anche e soprattutto un mezzo piacevole per “crescere” insieme. In altre parole: “Giocando s’impara!”

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